Riferimento: Alorian
La prossima poesia rappresenta il racconto di un sogno affiancato da ricordi del passato.
Correvano remoti i dì trascorsi
a sognare di noi spettri banditi;
abbozzare sbiaditi in altre e torsi
di te eterni simùlacri scolpiti.
A cader nei miraggi di Menzogna
che fa del lercio petali graditi,
che fa della paur ciò che si sogna
quando al timido cuor così s'avvinghia
come serpe alla preda che s'agogna.
M'alla nube ch'annebbia e l'occhio adunghia
lasciavo lieto acerbe esitazioni,
quand'ignara graffiavi con altr'unghia.
Crogiolavasi sciolta in bee visioni
l'anima deliziata in tal dolcezza
che gonfi fa ancor l'occhi e li polmoni.
Parevi immortal ninfa in allegrezza
a custodir piacente il bel giardino
ove l'aere di mel dorate olezza,
lontana a dimorar oltre'l confino
dell'umana semenza e conoscenza
quando rosso riflette il suol marino.
Impaziente aspettavo tal scadenza,
aspettavo, osservavo, m'incantavo,
chè allor palesavi ogni parvenza.
Oh indolente mio intelletto ignavo,
giammai sì tanto ligio e attento fosti
a seguir roba fuor l'oziare pravo !
Volteggiavi su que' color esposti,
e danzavi legger con le Esperidi;
benigna coccolavi i raggi ascosti
ch'al tuo canto tacevano lor gridi,
lenti giaceano sotto coltre d'acque,
in men d'un "si" irradiavano altri lidi.
Alle mie gaudenti guance piacque
tanto'l mirar rapite il lieve passo
che pinser se di gioia e un riso nacque,
e'l cielo tacque prima del fracasso.
Ma cara è la tormenta a quel che spera
di veder coronato azzurro casso.
Poscia la pioggia e prima della sera
cignevasi il ciel di sperate tinte;
allor scendevi come ancella d'Era.
Mai d'arcobalen fur le dipinte
luci così accese e così spesse
chè mai'n morbido passo furo intinte.
Iris il traversar miri le stesse !
Quando Notte silente il mondo avvolge
nel brun mantello e suoni e l'odor tesse
e vedi a cotal vel che invano volge
la grassetta manin la bimba in spalla
a coglier chè nel creder suo s'involge
la stella esser coriandolo o farfalla
così la mia tremante ad un bagliore
che per corpo mortale in terra ha calla
tesi ansioso sì che'l suo chiarore
di sè fe' pregni lo spirito e le ossa.
D'allora della tenebra il timore
non spaventava più lo sonno e'ndossa
ogni notte'l pensiero mio le vesti
del rimembrar di quella luce grossa.
Rischiaravano il tempo quegli onesti
sussuri del re Eolo delicati
quand'esortavi l'occhio a sguardi desti
mentre alla silenziosa volta alati
s'ergevan nivei fianchi di colomba;
rifuggi Orion e l'omini affamati !
Oh beltà rara che le membra slomba
scorsa è l'era spogliata del sfiorarmi,
scappato è'l tempo del tubar che piomba
su pulsanti ven più che illustri carmi;
d'alitar che non frega questa pelle,
di coscienza ch'abbassa li gendarmi
allo sguainar dell'iride che svelle
l'anima da le carni, e mai più torna.
Non so se come Venere t'imbelle
posarti dispettosa o se t'adorna
de' suoi violetti fior la calma Malva;
intessi'l mio destin eterna Norna !
Se come Cassiepea che ogni valva
de' tuoi capei boriosa e vanitosa
pettini e non sarìa fanciulla salva.
Fermo sarìa Perseo chè qui si osa
dir che ve n'è un tra le bellezze in terra
pietosa più di quel del mare sposa.
Se' cresciuta. Ed Or la mente m'erra.
Convien ch'alcun rimedi alla disgrazia,
chè non spiego l'amar chi non afferra.
E come tal che per pazzia o grazia
raffigur dianzi imagine divina,
e rispetto e paura fa gol sazia,
rivelamisi innanzi che abbacina
sagoma in lume legger da ogni soma
onde discernea nulla pur con trina
sì che del dir si rischia Rom per toma,
così a lei di spalle fui prostrato
sudando freddo e senz'alcun idioma.
Voltossi e'l guardo offeso e fulminato
costrinsi a ritirarsi chè tal gloria
era straniera all'occhio omai inquinato.
Animose, affettuose e senza boria
posò caro le mani sul mio viso,
sicchè sconfisse ciò che'l cor fa mòria.
Guardommi e donò allo stesso un riso
e seguitando dolce a dir :"Figliuolo".
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