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#1 |
Junior Member
Data Registrazione: Oct 2009
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Condivido con voi altre cose che ho voluto scrivere. Grazie in anticipo per l'interessamento.
Vorrei precisare che questa è solo la prima parte di un discorso fra due lati di una stessa anima, quella "cattiva", rabbiosa, e quella "buona", matura, saggia. La poesia è spudoratamente intrisa di ironia, indirizzata a quella parte dell'anima che ha amato ed ora piange. Ma è solo rabbia, cm testimoniamo le parole consecutive aventi il fono "GR",proprio di chi è arrabbiato (gramo, ingrata, grave, grata). xD Del simigliar fame ignorante, accogliesti quel mio priego, Tu, che fuor dal tuo solente, risvegliasti me, alter ego, luce d'alba d'una mente, polo opposto a ciò che nego. Basta, patetico Di Luccio rientra e chiudi il pozzo per cui nascea il tuo cruccio, di que' sogni, e'l tuo singhiozzo languido,"toccante" braccio d'amore, inganno rozzo. Sparisci inutile metà pervasa da tuoi affanni, petal arso d'altrui pietà ove t'appaghi e trovi panni onde fu orto. Ecco verità ch'offuscò la vista e li anni. MUORI! MUORI insulso insetto e codardo, eunùco e falso, sbiadito immàgo del tuo petto, leon che tuba, a ruggir scarso, sai bruciare in un "bacetto". Nudo augello d'ali falso. Hai "amato", ed or sei franto, ma di frattur beffarda e vota, amor immerita'l tuo pianto perch'è "virtù" che zero quota che s'avvia in geniale incanto e in terremoto poi si rota. Oh l'amore, oh si, l'amore !! Acclamata ed osannata nella luce e nel torpore dei secoli, e cantata ed eterna di tremore fonte, e cercata e riamata madre adottiva d'ogni core voto di calcoli e di canti e di passioni debitore. Son solo vesti, a tanti ha "regalato" il bel dolore per cui ancora sono affranti e delusi quei tuoi tratti parenti vecchi più del mondo. Giunge sì d'attesi fatti, e per cui da questo fondo il più temuto e a cor intatti per me, vai via, la terra sondo. Parvente maturato frutto, credesti allor a quella polpa e alla gol che giace in lutto sì cedendo per tua colpa alla promessa di quel tutto che da tutto si discolpa. Spirto cupo, spirto teco ermo morituro, la cagion che intonò quel fatal eco, ossia l'"amore", tua ragion, portasti alto e fiero, cieco, sott'ora lo verbo e le stagion, ove cadi innocuo e spento, della lama più affilata e disarmato. Dal vento vien di vita abbandonata, rivelante dell'"Io mento", luce finora ben placata, esta lignea gabbia aurata. E nell'afferrar tu gramo quell'ingrata grave grata resistente men d'un ramo in infame cadi ornata scheggia d'odio d'un ricamo. E per ciò che non esiste, per ciò ch'è morto e che mai nacque piangi or gemma in cui persiste l'impuro VER che finor tacque di vizio e gioco qui mai viste, sensual piacer che move l'acque. Il prox componimento rappresenta la risposta della parte"buona",saggia, dell'anima( scritta perciò in endecasillabi, e con termini + ricercati, quasi a evidenziare la calma con la quale parla) alla parte invece accecata dal fumo della rabbia, rancore, rappresantato dalla precedente poesia (scritta in ottonari max in novenari, per meglio rappresentare il tono offensivo tipico di ki è arrabiato che t scaglia addosso qualsiasi cosa gli passi per la testa).Da notare, permettetemelo, l'omaggio al primo poeta (Dante Alighieri) nelle tre terzine ke iniziano per"Amor"e che ricorda il V dell'Inferno. No, no. Deh, quanta pièta'l cor mi bagna e lieve, di coscienza, soffia e lambe le fronde. Non t'affliggere alma stagna nell'ira folle ch'orbi ti fa l'ambe due occhi del veder lo ben di parte. Mòstrati quella ignudo e pur le gambe più del coverto piagner di tua arte. L'inveir è iettar fori Amor che truona. Somma voglia è l'odiar omai in disparte della vita, e amar contra persona. Non sdegnar, anima lesa, di cui c'è fiato l'esser vero ch'entro suona. Io son colui che t'alza poi che rùi. Io son colui che per gran tempo fosti. Colui che paga per l'errori tui. Ciò ch'al volere tuo fuggonsi ascosti sfregi e insulti come dannato in pena, perchè non sa del vin ch'ignora i mosti. Ritorna a tua matèr che in te si scena, pensa ciò che t'imbocca'l primo autore. E' l'or che tua memòr ti rieda plena. Amor artiglia lesta'l gentil core com'aquila suol far con la sua preda, e'l trofeo non molla pria che more. Amor sostène e abissa sanza meda, di luce tigne i giorni o di tempesta, per fato questi il pasce o li depreda. Amor da cenre dolce si ridesta maestoso in aer come fenice, e volando soave il mondo assesta. Il tuo penser ch'a Lei lo svago addice, è pellegrin che va per fioco viaggio. Ma questo metro a te e in eterno dice : "Ella è folle, ma in chi ne fa un oltraggio rifiutasi di porre sua radice. Arde non i fiacchi. Chi ha coraggio !". |
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